Felice da scoppiare: la maternità

A cura della dottoressa Silvia Senestro

Fra le situazioni di vita che tipicamente vengono idealizzate, la prima fra tutte è la maternità.

Idealizzare un evento significa immaginarlo come perfetto, meraviglioso, privo di aspetti negativi o problematici e aggrapparsi a quell’idea con ostinazione, difendendola anche a costo di negare evidenze eclatanti.

Il modo comune di idealizzare si è gradualmente modificato e sembra andare al passo con i cambiamenti sociali; in realtà esso procede un po’ meno speditamente, arrancando rispetto al cambiamento del mondo. La società, insomma, cambia a 100 km l’ora mentre il sentire comune sembra procedere a 70.

Vent’anni fa, quando iniziavo a svolgere la mia professione, le neo mamme venivano investite da un bozzolo rosa di zucchero filato, denso e appiccicoso, saturo di preconcetti e aspettative. Dovevano essere radiose. E basta. Stanchezza, smarrimento, paura, rabbia e incertezze venivano repressi a forza e celati al mondo perché secondo il sentire comune le neo mamme potevano stare in una sola maniera: benissimo.

I tempi sono cambiati ma solo un po’. Oggi più o meno tutti sono consapevoli che la maternità non regali solo bottiglioni di gioia e che costituisca un passaggio delicato e multisfaccettato dell’esperienza umana; tuttavia si fa ancora molta fatica a comprendere lo spessore e la complessità di questa fase della vita.

Sono numerosi gli studi pubblicati sulla psicologia della donna nel corso della gravidanza e nel post partum, ma ciò che incide sulla vita delle persone sono le idee che circolano e persistono negli ospedali, nelle scuole, nelle case. Rimangono troppo spesso incompresi la paura, lo smarrimento, il disagio, la perdita di equilibrio che si possono sperimentare in certi momenti.

Una ragazza, mamma da poche settimane, una volta mi disse: “guardavo il mio piccolo e pensavo: cosa vuole da me questo qui?”; un’altra, a proposito dell’allattamento che non riusciva a vivere in modo naturale e rilassato, mi confidò: “allattando, non riuscivo a capire dove finissi io e dove incominciasse lui”. Credetemi, questi due esempi non sono riferiti a ragazze mentalmente disturbate, ma normalissime.

La gravidanza e la maternità comportano profonde mutazioni fisiche, psicologiche, ormonali e sociali. Che ci piaccia o no, esse comportano anche risvolti dolorosi, inquietanti, “brutti” secondo il sentire comune: quel “nero”, quell’ “oscuro” che ci verrebbe da negare e da reprimere perché spaventoso o destabilizzante.

Se vostra figlia o la vostra dolce metà vi confidano di sognare di scaraventare il prezioso fagotto fuori dalla finestra, respirate a fondo e cercate di capirla: non è pazza, non è diventata improvvisamente cattiva e non va giudicata. Sostenetela, non colpevolizzatela, cercate di contenere la sua difficoltà e pensate che l’unica cosa da evitare è che passi all’atto. Tutto il resto ci può stare, si può pensare e dire. Anzi, si deve dire.

Vedrete la vostra compagna sotto una luce diversa, meno rosa e rassicurante, ma di certo più vera nella sua complessità.

redazione

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