Domenica 5 luglio, alle ore 10 del mattino, si svolgeranno al Colle del Lys (To) le celebrazioni per ricordare l’eccidio del 2 luglio 1944, alle quali prenderà parte in rappresentanza dell’Assemblea regionale,il vicepresidente Mauro Salizzoni, delegato al Comitato Resistenza e Costituzione.
L’evento si svolgerà esclusivamente sul piazzale in spazi delimitati, nel rispetto delle norme imposte dall’emergenza legata al Covid-19. Davanti al giardino della Resistenza e della Pace saranno intonate le note di “Bella ciao”, eseguite dal trombettiere della Banda di Mompantero e saranno letti i nomi dei 32 partigiani della 17a Brigata Garibaldi “Felice Cima” uccisi il 2 luglio del 1944 dai nazifascisti.
Le corone saranno depositate ai piedi della torre circolare del monumento progettato dall’architetto e comandante partigiano Franco Berlanda, dedicato ai ragazzi trucidati nel rastrellamento del 1944, ai 148 caduti della XVII Brigata Garibaldi e a tutti i 2.024 partigiani caduti nelle vallate circostanti (718 della Val di Susa, 704 delle Valli di Lanzo, 422 della Val Sangone e 180 della Val Chisone). L’orazione ufficiale sarà tenuta dal dott. Oscar Bertetto, direttore della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta.
Il tema della commemorazione di quest’anno
L’emergenza sanitaria ha costretto quest’anno il Comitato Resistenza del Colle del Lys a rinunciare alla tradizionale manifestazione strutturata su tre giorni che, oltre al 76° ricordo dell’eccidio e al 75° anniversario della fine della lotta di Liberazione, avrebbe consentito di festeggiare i 25 anni del Progetto EUROLYS, importante occasione d’incontro tra i giovani europei sui temi della pace, giustizia e democrazia, e i 20 anni dell’Ecomuseo della Resistenza “Carlo Mastri”.
Il filo conduttore dell’evento sarà legato al tema della sanità. Come ricorda la presidente del Comitato Resistenza Colle del Lys, Amalia Neirotti “fin dall’inizio della guerra di Liberazione l’assistenza medica rappresentò una questione di vitale importanza per il movimento partigiano, indispensabile per curare non soltanto le ferite da arma da fuoco, ma anche le fratture, le infezioni e le affezioni contagiose. In condizioni di assoluta emergenza, la Resistenza sottolineò il valore della salute come diritto personale e al tempo stesso interesse collettivo”.
Nel documento del Colle del Lys si ribadirà l’impegno a mettere in pratica il dettato costituzionale affinché , anche nelle drammatiche circostanze imposte dall’epidemia, sia davvero riconosciuto a tutti il pieno diritto-dovere alla salute “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Il Colle del Lys nella lotta di Liberazione
Sullo spartiacque tra le valli di Lanzo e di Susa, durante la lotta di Liberazione, il colle del Lys fu una zona di grande rilevanza strategica, non solo per le formazioni partigiane ma anche per i comandi militari tedeschi: da un lato garantiva un collegamento con il sud della Francia (ancora occupato dalle truppe germaniche), dall’altro si trovava a poca distanza dall’area industriale di Torino. La costante e massiccia presenza tedesca impedì alle formazioni partigiane di costituire territori liberi e non ci furono mai periodi di tregua nella lotta.
Operò su quei monti soprattutto la 17ª Brigata Garibaldi “Felice Cima”, le cui squadre si muovevano nella bassa valle contro i presidi fascisti e tedeschi, sabotando la linea ferroviaria, compiendo requisizioni nei depositi e magazzini militari. I numerosi scontri combattuti nei dintorni del Colle del Lys culminarono nella battaglia del 2 luglio 1944, durante una vasta offensiva nazista scatenata contro le formazioni partigiane di tutta la valle.
Il rastrellamento
Il rastrellamento scattò nella notte tra l’1 e il 2 luglio e fu condotto da reparti tedeschi e fascisti provenienti dalle valli di Susa e di Viù. Accerchiati, un gruppo di partigiani − tra cui una quarantina di ex prigionieri di guerra sovietici, per la maggior parte georgiani − tentò una disperata e impari difesa ma la scarsità delle munizioni e l’inadeguatezza dei mezzi li costrinse a ritirarsi. Tra di essi c’era anche un gruppo di giovani cremonesi, giunti su quelle montagne da pochi giorni e che, dunque, non conoscevano bene quei luoghi. Ventisei di loro furono catturati dai tedeschi, brutalmente seviziati e poi uccisi.
Gli altri partigiani riuscirono a tornare sul colle solo due giorni dopo che le truppe naziste e fasciste discesero a valle: lo scenario che li accolse fu sconcertante per la brutalità con cui i corpi di quei giovani erano stati trattati. Dopo quell’estate drammatica, le formazioni partigiane della Val di Susa (garibaldini in bassa e media valle, giellisti e autonomi in alta valle) si riorganizzarono nell’autunno del ’44 costituendo, insieme agli autonomi delle Valli Sangone e Chisone e ai giellisti della Val Pellice, la IV Zona operativa del Piemonte.