Chiurgia toracica: l’era covid ha bloccato le diagnosi di tumore

Il primario di Chirurgia toracica Giulio Melloni lancia l’allarme e invita chi presenti sintomi di un tumore al polmone, a recarsi dal medico di famiglia o in ospedale. Garibaldi: “L’ospedale è sicuro”.

La pandemia Covid non ha avuto soltanto, tra i suoi esiti, molti morti e un cambiamento dello stile di vita tra i cittadini, ma anche un effetto devastante sulle malattie oncologiche, soprattutto sul tumore al polmone.

Alessandro Garibaldi e Giulio Melloni

L’allarme o, meglio, quello che può definirsi un “messaggio sociale”, lo lancia Giulio Melloni, direttore della Chirurgia toracica dell’Azienda ospedaliera S. Croce e Carle, unico reparto a servizio di tutta la provincia di Cuneo.

Oggi la medicina è in grado di intercettare al primo stadio questo tipo di tumore, ottenendo l’80% di guarigioni: negli ultimi anni sono stati ideati e realizzati specifici screening con la metodica radiologica e dopo l’estate il S. Croce ricorrerà anche alla diagnosi dell’esalato.

«Durante l’emergenza Covid – spiega Melloni – ci siamo ritrovati in una situazione tipica del passato, per quanto riguarda la diagnosi precoce del tumore. La pandemia ha bloccato anche percorsi diagnostici che permettevano di andare velocemente a diagnosi. Inoltre c’è una quota di pazienti asintomatici che sono a casa, soltanto perché non hanno fatto una banale lastra a seguito dell’interruzione dell’iter di un intervento operatorio».

La Chirurgia toracica del S. Croce esegue circa 400 interventi all’anno, ed è verosimile che qualche decina di pazienti con lesioni neoplastiche siano sfuggiti allo screening, nel corso degli ultimi tre mesi.

L’ospedale è un ambiente sicuro

Ci sono pazienti paucisintomatici o con sintomi minimi, che normalmente andrebbero in ospedale; invece lo evitano, ritenendolo un ambiente pericoloso. Conclude Melloni: «Se mettiamo su un piatto della bilancia l’evoluzione della malattia non diagnosticata e sull’altro la possibilità di ammalarsi di Covid in ospedale, il piatto pende sicuramente come conseguenza negativa dalla parte del rischio oncologico».

Sottolinea Alessandro Garibaldi, direttore sanitario di Presidio: «Ribadiamo che l’ospedale è un ambiente sicuro, gli operatori utilizzano i dispositivi di protezione, gli ambienti sono sanificati, vengono garantite le distanze spaziali e temporali e prima di ogni intervento operatorio il paziente è sottoposto a tampone. La sicurezza è massima».

redazione

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