Il bello di star male

A cura della dott.ssa Silvia Senestro

Come mai, a volte, abbiamo l’impressione che una persona voglia continuare a stare male?

Che sul piano razionale cerchi aiuto e si curi, ma che sotto sotto, ad un livello meno visibile, desideri lasciare tutto com’è? O addirittura che rifiuti di curarsi pur trovandosi in uno stato di sofferenza psichica profonda?

Le risposte a questa domanda sono complesse, naturalmente non generalizzabili e attinenti a quella parte del comportamento umano che sfugge alla comprensione razionale.

Un motivo per cui alcune persone preferiscono star male, ad esempio, è la paura dell’ignoto. Se tu oggi sei, ad esempio, depresso, pur soffrendo conosci te stesso e la tua situazione; in qualche modo hai tutto sotto controllo. Ma se stessi meglio, come saresti? In quanti e quali modi potresti o dovresti attivarti? Come cambierebbero la tua vita e le tue relazioni? Cosa perderesti?

Star male comporta anche dei vantaggi, questo è chiaro a tutti. Noi psicologi li chiamiamo “vantaggi secondari” e spesso costituiscono un ostacolo notevole in ogni percorso di cambiamento. Guarire comporta una rinuncia a tali vantaggi, e spesso questa rinuncia viene vissuta come molto onerosa.

Un vantaggio evidente è la deresponsabilizzazione. In una famiglia, ad esempio, chi sta male viene esonerato da molti compiti e doveri, viene aiutato, perdonato nelle mancanze e lasciato in pace. Un genitore sofferente può non occuparsi dei propri figli, trascorrere le giornate sul divano, non affrontare le mille seccature che affliggono l’esistenza.

Certo, sta male, non è che si diverta, ma l’idea (conscia o inconscia) di rinunciare al privilegio di essere parzialmente o completamente deresponsabilizzato può costituire un deterrente piuttosto ingombrante.
Last but not least, chi assume il ruolo del sofferente riceve attenzioni e suscita sentimenti di pietà e di compassione. Viene guardato. Per alcune persone queste sono le uniche forme di affetto e di cura ricevute e perderle comporterebbe il ritrovarsi in un deserto emotivo, situazione poco allettante per chiunque.

Ecco quindi alcuni dei vantaggi secondari più comuni ma, credetemi, in un percorso psicologico ne saltano fuori a frotte: sono più personalizzabili delle cover dei telefonini, a volte incredibili, originalissimi e persino divertenti, altre volte profondamente tristi.

Rimanere lì, bugé nen può costituire una tentazione irresistibile e permetterci di non affrontare l’ignoto, di non crescere, non rinunciare a certe coccole ed attenzioni, non lavorare, non portare i figli a scuola, cucinare, occuparci della burocrazia e molto altro, scegliendo di restare in quella zona di comfort che di confortevole non ha un bel niente.

redazione

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